Della flessibilità delle regole: un confronto tra GdR e altri giochi

Su quali siano le particolarità che distinguono i giochi di ruolo dagli altri giochi sono state spese molte parole, qui su Eclectica come in altre sedi, citando ad esempio la necessità di ingaggiare lo spazio immaginato condiviso, come pure l’infinità tattica.

Una recente discussione sul gruppo Telegram di Eclectica si è concentrata su un punto: l’adattabilità del sistema di gioco. Si sono confrontate tre diverse posizioni.

I GdR sono intrinsecamente più flessibili

Secondo alcuni, il GdR si presta molto più di altri giochi ad essere “piegato” (a livello di regole, di funzionamento) per adeguarlo al proprio modo di giocare. Questo deriva proprio dalla centralità dello spazio immaginario condiviso, che per natura è malleabile, nasce dallo scambio dialettico tra le persone al tavolo e si adatta inevitabilmente a loro. Quindi è una proprietà intrinseca del GdR in quanto tale.

Mentre il Risiko, per esempio, sarà identico nella stragrande maggioranza dei tavoli che lo giocano, per D&D sarà difficile trovarne due che lo giocano alla stessa maniera.

È solo questione di cultura

Secondo altri, al contrario, non c’è niente che renda i GdR strutturalmente più idonei di altri giochi, come i giochi da tavolo non di ruolo e gli sport, ad adattamenti e personalizzazioni: la maggiore frequenza con cui si riscontrano è un fatto culturale. A questo proposito è interessante anche questo articolo di V. Baker: A Theory Point: RPG Essentialism & RPG Exceptionalism.

Il mondo dei GdR ha una lunga tradizione, perlopiù positiva, di modifiche fai-da-te. Siccome siamo abituati a vedere l’artigianalità come parte “naturale” dell’hobby, capita spesso che cerchiamo di “forzare” un GdR a funzionare in un modo che ci piace, anche se lontano da come era stato progettato. Mentre, se troviamo un gioco da tavolo che non ci piace, in genere lo mettiamo da parte e passiamo ad un altro.

Peraltro, per la dama e gli scacchi esisteva un’enorme quantità di varianti, prima che fossero standardizzati a livello internazionale. In epoca più recente basta guardare “Uno!”: ogni gruppo, in pratica, lo gioca a modo suo.

L’apparente malleabilità di D&D è dovuta sia al fatto che sia nato, intenzionalmente, come una “cassetta degli attrezzi” da personalizzare (benché non certo universale), cosa che però non si riscontra in tutti i GdR, sia al fatto che le sue ultime edizioni sono presentate in un modo vago, che esclude di proposito procedure essenziali, perché vuole mettere d’accordo una vasta gamma di utenti senza scontentare nessuno.

I GdR sono più flessibili perché soggetti a interpretazione

Una terza posizione sostiene che c’è un motivo intrinseco per cui un GdR tende a produrre esperienze più varie di un altro gioco da tavolo, ed è che sia lo spazio immaginario, sia il regolamento stesso sono soggetti a interpretazione, e come li interpretiamo dipende dalla nostra cultura, sensibilità ed esperienza precedente. Questo ci dà un duplice grado di libertà nell’influenzare l’esperienza di gioco, consciamente o meno.

Una regola come “le prove di abilità si effettuano quando il personaggio rischia qualcosa”, o “un tiro salvezza è garantito in certe situazioni per evitare o mitigare un evento negativo”, contiene un mondo di sfumature che una frase come “l’alfiere si muove in diagonale” non ha.

Quindi, se prendiamo un GdR e un gioco da tavolo altrettanto ben scritti, anche se li diamo a persone che intendono giocarli attenendosi al regolamento in modo scrupoloso, il primo tenderà a produrre esperienze più variabili rispetto al secondo.

Nessuna conclusione… per ora

Il confronto c’è stato ma ognuno ha mantenuto la sua posizione, quindi rimane aperto. Voi che ne pensate?